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Le fonti energetiche alternative come il sole, il vento e l’acqua sono da anni al centro del dibattito nazionale sull’energia. Quasi nessuno, invece, parla dell’idrogeno, il cui potenziale è enorme. Questo elemento chimico è disponibile in abbondanza e la sua combustione avviene pressoché senza emissioni. La sfida: per poter utilizzare l’idrogeno come fonte energetica, si deve dapprima trasformarlo in gas e per far ciò c’è bisogno di energia.
Una potenziale fonte energetica sta recitando finora solo un ruolo da tappezzeria: l’idrogeno. Un fatto davvero sorprendente, visto che esso costituisce circa il 70% della materia presente nell’universo. Oltre ad essere il più piccolo degli elementi chimici, con un peso di 0.0899 g/l è anche tra i più leggeri. Quale componente dell’acqua, è uno degli elementi costitutivi di tutti gli organismi viventi. In altre parole: sulla Terra l’idrogeno è disponibile in modo praticamente illimitato. Il problema: l’idrogeno deve essere trasformato. Solo in seguito l’energia può essere immagazzinata e trasportata. Ciò avviene, tra l’altro, con l’elettrolisi: durante questo processo, l’acqua viene scomposta in “ossigeno” e “idrogeno” mediante l’elettricità, e i gas sprigionati vengono intrappolati. Ma attenzione: se l’idrogeno viene a contatto con l’ossigeno forma una miscela potenzialmente esplosiva.
Diversamente dalle fonti energetiche primarie come il sole, l’acqua o il vento, l’idrogeno può dunque essere utilizzato solo come portatore di energia secondario. La produzione di energia dall’idrogeno è quindi rispettosa dell’ambiente soltanto se avviene con fonti energetiche rinnovabili. L’obiettivo è di produrre con gli impianti fotovoltaici o le pompe di calore l’elettricità necessaria per la produzione. Il vantaggio: in questo modo l’idrogeno quale portatore di energia non genera emissioni nocive, come ad esempio l’anidride carbonica. L’unica cosa che viene prodotta durante la sua trasformazione è vapore acqueo.
In forma gassosa, l’idrogeno può essere immagazzinato e trasportato molto più facilmente che, ad esempio, l’elettricità in una batteria. Progetti sperimentali mostrano come potrebbe funzionare in futuro l’accumulo di energia: in cantina c’è un cosiddetto elettrolizzatore, che scompone l’acqua nei suoi singoli elementi. Se l’impianto fotovoltaico situato sul tetto produce elettricità in eccesso, questa serve ad alimentare il processo di scomposizione e la produzione di idrogeno sintetico. Quest’ultimo può essere immagazzinato in grosse quantità all’interno di bombole ed utilizzato come fonte di energia secondo il bisogno, sia per uso domestico che per alimentare le auto elettriche.
Il motivo per cui l’immenso potenziale dell’idrogeno non sia ancora stato sfruttato al meglio pare essere una questione di costi. Infatti, a livello economico l’idrogeno è ancora troppo caro, perché deve dapprima subire una trasformazione e non può essere utilizzato direttamente come l’energia solare o eolica. Tuttavia, per quanto riguarda la modalità di immagazzinamento, il rapporto costi/benefici è nettamente favorevole alle bombole di idrogeno rispetto alle batterie. A titolo di paragone: una batteria della Tesla costa circa 300 franchi per kWh, mentre un accumulatore di idrogeno circa 25 franchi al kWh. Tuttavia, i costi della batteria riguardanti la cosiddetta energia grigia e il riciclaggio non sono ancora stati calcolati.
Forse, dal punto di vista puramente contabile, effettivamente oggi l’idrogeno è ancora troppo caro, ma una cosa è certa: se in futuro vogliamo rinunciare al consumo dei carburanti fossili, l’idrogeno è un’alternativa reale, il cui potenziale è ancora tutto da esplorare. Le generazioni future ci ringrazieranno.
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